Primo novembre = Orsi Mangelli

Binocolo puntato
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Primo novembre, San Siro, Orsi Mangelli. Punto e basta. Non quello “giurassico” sulla lunga distanza (allora era il St. Leger), ma quello che ha contribuito a cambiare faccia al trotto italiano. Quello che ha creato un ponte con gli Stati Uniti, che ha proposto agli appassionati del trotto alcune delle sfide più emozionanti degli ultimi decenni. La corsa non è stata sempre la stessa. Ha cambiato faccia diverse volte, ma ha sempre mantenuto un fascino “diverso”. Forse per il nome che porta (la formazione più storica del trotto italiano). O forse per quel brivido lungo e intenso che le sfide con batterie e finale riescono a dare. O forse semplicemente perchè è fuori dagli schemi. L’Orsi Mangelli sprint è nato appena dopo il nuovo San Siro e con il “suo” ippodromo è diventato grande. Impossibile dimenticare, per chi era in tribuna quel giorno, la folla stupita di fronte al 27 e spiccioli
stampato da Tarport Frenzy nella race-off contro l’altra Tarport, Lizzy. Era la prima volta che il popolo del trotto milanese, uno dei più appassionati e tecnici del mondo, vedeva comparire sul tabellone un parziale in meno di 28. Era l’inizio di una nuova era, in cui lo speed cominciava a diventare più decisivo della media finale. Nebbia, pioggia e freddo, non c’era nulla che tenesse lontano il popolo del trotto (ma anche parecchi del galoppo) dalla tribuna di San Siro. Comoda, accogliente, con una visuale sulla corsa praticamente perfetta. Era “La Scala del trotto” e nei giorni di Gran Premio (Nazionale, nella notte d’estate, Orsi Mangelli e Nazioni, in autunno) era il miglior posto dove un ippico poteva passare una giornata. E per questi appuntamenti arrivavano non solo i milanesi, ma un po’ tutti quelli che avevano nel cuore il trotto, formando un contorno di passione (e competenza) quasi unico alle corse.