Corsi e ricorsi

Binocolo puntato
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La Federnat ha ottenuto dal Tar del Lazio la sospensiva all’esecutorietà del capitolo relativo alle corse gentlemen della Circolare di programmazione del trotto e di conseguenza, fino alla decisione dei giudici amministrativi almeno quella parte del provvedimento adottato dal Ministero rimane sospesa in attesa di novità. Questo provocherà ovviamente la modifica dei programmi pubblicati per queste settimane e, se il Tar darà ragione definitivamente all’Associzione, le nuove norme non potranno essere adottate. A quanto sembra ci sarebbe sul tavolo del Tar anche un altro ricorso con richiesta di sospensiva, questo presentato dallo Snapt e anche qui, in caso di accoglimento, il Mipaaf sarebbe obbligato a una retromarcia. È ovvio che chi si sente penalizzato dalle scelte del Ministero sfrutti l’opportunità, prevista dalla legge, di presentare un ricorso al Tar. Lo abbiamo visto effettuare diverse volte, soprattutto dalle Società di corse (anche per piccoli motivi di calendario) e anche nei casi di doping per differire quantomeno le sospensioni comminate a uomini e cavalli.

Non discutiamo la validità delle tesi proposte per esempio dalla Federnat, né quelle che in passato avevano spinto ippodromi o singoli operatori a rivolgersi al Tar (e in diversi casi anche al Consiglio di Stato per un secondo grado di giudizio) per far valere le loro ragioni. Quello che preoccupa è esclusivamente il ricorso alla giustizia ordinaria per dirimere questioni che nella sostanza sono tecniche, come l’assegnazione di un montepremi, o di giornate e grandi premi, oppure una sanzione per doping. E questa è un’anomalia tutta ippica, dovuta al fatto che il settore è gestito da un Ministero e che non esiste, al contrario di tutti gli altri sport, la cosiddetta clausola compromissoria che vieta (o quantomeno vieterebbe) di rivolgersi alla giustizia ordinaria invece che a quella sportiva. È un problema? Sì, lo è. Perché se il Tar rappresenta sostanzialmente una garanzia per il cittadino che si sente penalizzato da una decisione presa dallo Stato, allo stesso tempo la spada di Damocle del possibile ricorso al Tar e le conseguenze di una sospensiva o di un’accoglimento della stanza possono mettere in difficoltà l’operatività del settore. E affidare questioni tecniche specifiche a un magistrato che è ovviamente un profondo conoscitore delle leggi ma che non può avere nessuna idea delle vicende ippiche (a meno che non si trovi il giudice di Febbre da Cavallo) porta al rischio di decisioni che magari sono perfette sotto il profilo delle norme, ma che non sono certo giustificabili con le esigenze tecniche del settore. Che alla fine sono quelle che contano per tutti, anche per coloro che in qualche caso sono colpiti direttamente o indirettamente.

La gestione statale è probabilmente una garanzia per le risorse (anche se in lenta ma continua discesa), ma nel contempo porta una lunga serie di problematiche che non sono assolutamente risolvibili, in quanto il Mipaaf, giustamente, deve rispettare procedure e norme che valgono per tutti i Ministeri, che non possono certo essere derogate per l’ippica. E insieme al ricorso al Tar sempre possibile, ci sono poi le strade irte di ostacoli per i pagamenti, i tempi lunghi per le decisioni, il ricorso a personale ministeriale chiamato a occuparsi di un settore terribilmente difficile da comprendere fino in fondo, e tanto altro.