Ippica a luci spente

Binocolo puntato
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La vicenda delle luci negli ippodromi, rigorosamente spente in questo periodo a causa dell’incremento dei costi dell’energia, è lo spunto ideale per una riflessione generale sulle modalità attraverso le quali vengono finanziati gli ippodromi italiani. Il capitolo “illuminazione” è uno dei tanti che compongono il capitolato attraverso il quale viene poi definito l’ammontare che spetta a ciascun ippodromo e in alcuni casi porta all’assegnazione di cifre quantomeno significative.

Ma, attenzione, il punteggio è relativo esclusivamente alla presenza (e alle caratteristiche metriche e tecniche) dell’impianto e non al suo utilizzo. In pratica quello che conta per il Mipaaf è che le luci ci siano, poi che queste vengano usate, tanto, poco o per nulla, non è un fattore dirimente. Così in questo periodo l’ippica italiana sta mandando in scena praticamente sempre le sue corse con inizio all’ora di pranzo e chiusura prima che le ombre della sera costringano ad accendere le luci anche negli impianti che potrebbero proseguire con l’illuminazione artificiale.

Il tutto con prevedibili riflessi sull’affluenza di pubblico, perché pochissimi impianti sono realmente attrezzati con servizi atti a garantire la ristorazione, elemento fondamentale se si vogliono iniziare le corse alle 13 e dintorni, e anche sulle scommesse, dato che soprattutto nei giorni infrasettimanali la gente esce dall’ufficio dopo la fine del programma italiano.

D’altronde l’accensione dell’impianto di illuminazione, ai prezzi attuali dell’energia che sono quadruplicati rispetto a due anni orsono, provocherebbe agli ippodromi un aumento dei costi non sopportabile da bilanci già ridotti al lumicino e di conseguenza la decisione.