Numero giornate un falso problema

Binocolo puntato
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Come accade ormai da troppi anni è sufficiente che dal “regolatore”, sia esso l’Unire o il Mipaaf, arrivi un segnale di “invarianza” rispetto all’anno precedente per mettere in un cassetto qualsiasi necessità di innovazione. E siamo certi che, se dopo la stabilizzazione del numero delle giornate arrivasse anche la certezza del montepremi, si ritornerebbe a una sorta di “calma piatta”, salvo poi magari lamentarsi del principio “copia e incolla” con il quale si organizza il settore da un decennio circa. Rimaniamo dell’idea che il fatto che siano state confermate le stesse giornate di corse del 2020 sia inutile e, probabilmente, anche dannoso per il sistema complessivo dell’ippica italiana. Ne rimaniamo convinti perché da tempo il numero dei cavalli operativi per organizzare al meglio un numero di giornate così elevato non è presente, soprattutto al galoppo. Ne rimaniamo convinti perché si continua, imperterriti, a battere la strada del mantenimento del numero di giornate, riducendo il numero di corse per convegno, alla faccia di qualsiasi logica di ottimizzazione utilizzata nel mondo reale. Ed è una mancata ottimizzazione che coinvolge sia chi deve organizzare le corse (gli ippodromi) sia i protagonisti (proprietari e guidatori), ma anche il palinsesto delle scommersse… Non si capisce infatti perché un ippodromo, che nella maggior parte dei casi non ha incassi per i biglietti d’ingresso e per i servizi resi al pubblico, abbia un interesse ad aprire la serranda tre volte per sei corse anziché due per otto corse, aumentando i costi variabili (personale vario ecc.) dovuti a un giorno in più di attività… E non si capisce perché gli operatori non chiedano ad alta voce di concentrare in meno giornate l’attività, che porterebbe a una diminuzione dei costi per i viaggi.

L’articolo completo lo potete trovare nell’edizione di Trotto&Turf di sabato 12 dicembre.