Il datore di lavoro

Binocolo puntato
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Fra i tanti interventi riferiti all’ippica che si possono leggere sui vari social ci ha colpito parecchio la pubblicazione da parte di Cinzia Mazzoni di un’affermazione di Federico Tesio, che riproponiamo testualmente: il pubblico è il nostro datore di lavoro! Non quelli che s’immaginano di esserlo: dirigenti e funzionari di tutte le risme, di Istituti, Enti, Società, Associazioni e Unioni”. L’uomo della Dormello è scomparso nel 1954, quando l’ippica era un fenomeno culturale che raggiungeva anche le masse. Quando gli ippodromi, nei giorni di gran premio, si riempivano al massimo della capienza. Quando lui e tanti altri grandi personaggi dell’imprenditoria italiana erano proprietari, allevatori, appassionati. Quando andare alle corse era, come accade ancora oggi in altri luoghi, un fiore all’occhiello per tutti, a prescindere dal recinto” al quale si riusciva ad avere accesso, per status o per disponibilità economica.

Era un’ippica che aveva un seguito enorme, con i grandi cavalli e i grandi uomini le cui imprese trovavano spazio sui quotidiani, sui settimanali e nei cinegiornali, in pratica unica comunicazione video visto che le prime trasmissioni televisive della Rai iniziarono proprio nel 1954. Era uno sport che coinvolgeva tutti, con moltissime fra le grandi potenze economiche dell’epoca, impegnate a sfidarsi con i loro cavalli in pista e la gente che si appassionava a seguire le corse dalle tribune. Andava tutto bene, anzi benissimo, ma il Senatore in poche righe fotografava una situazione che sarebbe poi degenerata poco meno di cinquant’anni più tardi. Lo faceva ammonendo quasi l’establishment ippico a non essere autoreferenziale, a considerare il pubblico addirittura il datore di lavoro, quindi il riferimento massimo, soprattutto in un’epoca nella quale buona parte della nascente industria italiana, per non parlare dell’agricoltura, proponeva ancora il concetto di padrone più che di imprenditore.

Ebbene Tesio, l’uomo che ha segnato la storia del galoppo mondiale, in tutto questo contesto diceva un po’ a tutti gli operatori, ma soprattutto a chi era chiamato a gestire il settore (ippodromi, enti, istituzioni) che era il pubblico il primo interlocutore a cui rendere conto. Perché le corse si fanno per la selezione del cavallo da corsa, ma la condizione perché tutto possa funzionare è che vi sia un pubblico ad assistere, a scommettere ad appassionarsi anche per continuare ad alimentare il bacino dei proprietari. Il concetto espresso da Tesio è stato spazzato via nella seconda metà degli Anni 90 e poi ancor più nel nuovo secolo, senza rendersi conto, se non in pochi casi, che la differenza fra avere un seguito di pubblico oppure non averlo non si esplicita solo nelle tribune piene o vuote.