“Trotto Italiano”, 1956 – Ugo Berti ricorda Tino Triossi

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Il 7 gennaio del 1956, a Padova, muore il commendator Tino Triossi, un uomo che ha avuto un’importanza fondamentale per l’ippica ed al quale è tutt’ora intitolata la prima delle cinque prove di Gruppo 1 per i 4 anni, il romano Premio Tino Triossi, appunto. Ma chi era Tino Triossi e cosa ha rappresentato realmente per il movimento ippico della prima metà del secolo scorso? Leggiamone il profilo, tratteggiato con dovizia di particolari ma anche con grande commozione, da Ugo Berti che, annunciandone la scomparsa, ricorda l’amico perduto sul “Trotto Italiano” del 10 gennaio 1956.

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IL TROTTO ABBRUNA LA SUA BANDIERA

È morto Tino Triossi

Sabato mattina 7 gennaio, presso il Policlinico Morgagni, in Padova, si è spento il comm. Tino Triossi, Direttore Generale della Società Imprese Sportive – Gestione Ippodromo Villa Glori.

Dopo la benedizione, avvenuta domenica mattina nella Cappella del Policlinico Morgagni, la salma è proseguita per San Pietro in Vincoli, ove è stata tumulata nella tomba di famiglia.

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Un profondo, sincero dolore si unisce ad un senso di spavento. Tino Triossi non è più e con Lui sembra che scompaia tutta un’era, tutto un periodo della nostra vita, il periodo più bello della nostra gioventù. Allora, quando incominciammo a frequentare la pista dell’Arcoveggio, il trotto bolognese era in fondo Lui stesso, sia che portasse, in sulky, alla vittoria Signora di Monza o Nogi, sia che si cimentasse con Pupetta contro Volo Dear in un indimenticabile match con il Conte Paolo Orsi Mangelli sia che legasse il suo nome alla fama sempre più vasta ed elevata dell’ambiente di cui sovraintendeva le sorti. Tino Triossi lo imparammo a conoscere e ad amare così, come semplici frequentatori dell’ippodromo della nostra città e sin d’allora ci fu spontaneo eleggerlo ad emblema della nostra passione.

Era nato a Bologna il 14 febbraio 1896 e l’amore per il cavallo trottatore lo portava nel sangue. La tenuta paterna di San Pietro in Vincoli, dove il padre sin dal 1900 aveva impiantato un allevamento, era stata la sua prima palestra; appena quindicenne conosceva la gioia della prima vittoria in corsa con Gallia a Bologna e solo tre anni dopo già si cimentava allo Zappoli in gare per professionisti. Volontario della Grande Guerra, da cui ritornò con il grado di tenente d’artiglieria, ferito e tre volte decorato, la ripresa dello sport preferito lo vide ancora in prima fila nella triplice veste di proprietario allevatore e guidatore. Assertore anche per le vitali esigenze dell’allevamento emiliano, della costruzione a Bologna di un nuovo ippodromo in sostituzione dello scomparso Zappoli, fu sin dalle origini al timone dell’Arcoveggio rivelando doti di genuino organizzatore e di eccezionale animatore. Si può ben dire oggi che l’Arcoveggio deve a lui la sua vita il suo sviluppo e la rinomanza che lo hanno portato in prima linea in campo nazionale con quali benefici effetti per lo sviluppo del nostro sport è facile immaginare.

Come sportivo militante fu capolista della classifica gentlemen negli anni 1935, 1936 e 1939, vinse nel 1940 e ’41 il Campionato Nazionale Dilettanti e si affermò inoltre in numerose corse per professionisti. Tra i soggetti che portarono con onore la casacca della Piccola Scuderia, che era la Sua formazione da corsa, ricorderemo l’americano Brevere, e tra i tanti indigeni Signora di Monza, Agamè, Aiello, Nogi, Ubaldino, Augusta, Rosanna Jockey, Brillante…

Socio fin dal 1919 dell’Encat (Unione Ippica Italiana), la Sua competenza e l’esperienza originaria nel campo dell’allevamento lo portarono per unanime consenso alla presidenza dell’Associazione Nazionale Allevatori del Cavallo Trottatore, che resse dal 1931 al 1942. Fece parte del Consiglio Direttivo dell’Unire e del Consiglio Direttivo e del Comitato Tecnico dell’Encat del quale era tutt’ora membro come rappresentante delle Società di Corse.

Quale organizzatore, gestì con successo oltre all’ippodromo bolognese, Prato, Ponte di Brenta e soprattutto Montecatini che considerava la sua seconda creatura. Ed anche l’ippodromo di Valdinievole deve a Lui, alla Sua opera ed al Suo impulso, quello sviluppo che doveva portarlo poi ai fasti attuali.

Nel dopoguerra si ritrasse per breve tempo tra le quinte. Poi l’antica, inesausta passione lo riportò a riaccostarsi al suo mondo. La storia più recente è nota: dall’abbandono in cui era stato relegato Villa Glori riprese, nelle Sue mani e sotto la Sua direzione, vitalità e rango di primissima grandezza. Aveva le doti innate dell’organizzatore: competenza, intuito e coraggio. Conosceva l’ambiente, i problemi, gli uomini ed i cavalli. Sua fu la valorizzazione di Danao in campo stalloniero e l’ultimo acquisto per i colori di quella Nuova Scuderia, che lo aveva fra i suoi esponenti, si chiamò Birbone, quel Birbone che doveva darGli la soddisfazione dell’ultima grande vittoria nel Gran Premio della Lotteria 1955.

Scompare con Tino Triossi una delle figure più rappresentative del nostro sport, un Maestro ed un Pioniere: scompare una parte di noi stessi. “Trotto Italiano” si inchina di fronte all’inesorabile legge ed unisce a quello della moglie e dei figli il suo profondo dolore, il suo immenso rimpianto.

Ugo Berti