Cosa è l’ippica? Tutto l’indotto del settore e le persone gravitano attorno ad un solo cavallo. La tassazione, il gaming, le professionalità e la socialità di un settore dimenticato ma ricco di potenziale!

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Siamo vicini a Fieracavalli 2024, una rassegna sempre importantissima che riguarda il mondo del cavallo a 360 gradi. Sempre più, negli ultimi anni, è sembrato quasi marginale il ruolo del cavallo da corsa in questa rassegna. Per fortuna, da qualche giorno, circolano sulla Rai degli spot che riguardano il nostro canale tematico e le offerte che propone per permettere, a quanti più italiani possibili, di conoscere il nostro sport in una maniera leggermente diversa da quello che viene maldestramente ritratto al di fuori del nostro mondo.
Oggi più che mai è utile dunque rinfrescare l’idea dell’ippica fuori dal nostro immaginario. Riproponiamo un articolo che abbiamo pubblicato su Mondoturf nel 2020 che ripercorre l’importanza nell’ippica ed il suo ruolo nei confronti delle istituzioni, da inserire sempre di più nel tessuto sociale e nell’industria del paese.

In Italia, va da se, l’ippica è il fanalino di coda di qualsiasi sport si parli. Ma il suo ruolo ha una valenza importante non solo come sport, la cui dignità a livello internazionale è da ricostruire, ma anche dal punto di vista di una attività che attraverso una serie notevole di professionalità muove tanti soldi in vari modi, ed è per questo importante da rilanciare. E allora ve lo riproponiamo.

Cosa c’è dietro ad un cavallo da corsa? L’ippica non è considerata come meriterebbe e allora abbiamo deciso di analizzare un grafico in grado di rendere l’idea in maniera semplicissima di come girano le professioni dietro al cavallo da corsa. Il titolo è Who does one racehorse employ? Quante persone gravitano dietro UN SOLO cavallo? 

Lo facciamo affinchè questo articolo abbia MASSIMA visibilità nei confronti delle istituzioni. Siamo diventati i NUOVI INVISIBILI? Per usare un termine coniato da Teresa Bellanova qualche tempo fa. 

I nostri Ministri sono molto assenti e, ad eccezione degli ultimi interventi in occasione dei Grandi Premi, veri e proprie misure per incentivare il made in Italy (di cui ci si riempie la bocca, ma solo quando conviene), non è ancora successo niente. Intanto le nostre corse continuano a perdere lo status perché vengono cavalli sempre più scarsi a catturare peraltro soldi del nostro montepremi, in una spirale terribilmente pericolosa che va verso il basso. 

Allora, se proprio non se ne esce da questo pantano, sarebbe quasi meglio chiudere tutto il nostro sistema in un protezionismo esasperato del nostro montepremi che, in questo modo, rimarrebbe solo ed esclusivamente nel circolo dedicato solo ai nostri cavalli italiani. 

È una provocazione, certo, il confronto internazionale è fondamentale ed onestamente nemmeno quelli del Comitato Pattern del galoppo, che ci tengono legati ad una sedia in un angolo, zittiti appena proviamo a dire “a”, in fondo in fondo lo vorrebbero che l’Italia fosse messa così male dal punto di vista sportivo.

Il motivo è presto detto: Se così fosse, e cioè se l’Italia non proponesse alcun tipo di individualità sportiva in una realtà economica che muove un pò di denaro, nessuno dei nostri operatori andrebbe più ad ingrassare allevamenti irlandesi con soldi spesi in asta pubblica, o destinare le nostre fattrici dai loro stalloni, anche i peggiori. Chi comprerebbe i loro “scarti” di sovrapproduzione che ogni anno ci propinano e che spesso manco si vedono correre alla fine della trafila? Non avrebbero una fetta di mercato per loro importante. Certo, sognare spendendo 1000 in asta è lecito, ma la visione d’insieme è un’altra. 

Tornando alle istituzioni: Siamo invisibili, tranne qualche rara eccezione se non per additare un calciatore che ha la passione per le corse come “disonesto”. Delle nostre istituzioni dirette, nessuno ha parla direttamente dell’ippica in qualsiasi suo intervento sui social o in tv. Come mai? non si capisce il perchè. Sport o settore di Serie D. Invisibile, appunto. Però quando c’era da stornare un quarantello (inteso come milioni di euro) distratti per aiutare i pescatori della Sicilia, allora li, in quel momento preciso, esistevamo. 

Cosa è l’ippica? Un caleidoscopio di professioni e di emozioni, per uno sport che si effettua all’aria aperta, sostenibile, che regala un respiro di grande cultura e per le tante figure professionali con annessi orpelli legati alla produzione. Un fenomeno sociale da sfruttare come una miniera d’oro, di un filone perduto o ancora non trovato. 

Siamo i “petrolieri” di noi stessi ai tempi della grande depressione: Sappiamo che sotto la nostra terra c’è tanto greggio da pompare, ma non abbiamo i mezzi per tirarlo fuori e dunque bisogna convincere i grandi manovratori ad investire in questo. L’obiettivo è quello. 

L’ippica in ogni paese del mondo è ricca, fiorente e piena di entusiasmo. Perchè l’Italia è l’unico paese in cui non riusciamo a sfondare il nostro muro di cinta del quartierino degli addetti? La depressione di questo sport, esiste solo nel nostro paese. 

Siamo, ippicamente, e parliamo solo del galoppo in questo ambito senza toccare il trotto che avrebbe a sua volta tanto da dire, la patria dei Ribot, Nearco e dei Federico Tesio. Un fiore all’occhiello. Cioè quelli che hanno creato e dato vita al 90% del purosangue moderno a partire da 100 anni fa. Il purosangue moderno che corre e viene valorizzato come industria in tutto il mondo. Tranne in Italia. Tradizione e cultura dispersi, da continue politiche scellerate. Discount continuo dei nostri gioielli e della nostra argenteria, catturata da tutti i mercati: Americani, giapponesi, australiani etc. E abbiamo quasi finito il serbatoio. 

Certo, attraversiamo una fase storica particolare, siamo “sovvenzionati” e “sopportati” ma è importante ribadire che NESSUNO ha mai voluto o vuole elemosinare niente. L’ippica ha chiesto sempre e solo STRUMENTI. E quelli servirebbero per far ripartire l’allevamento, la base di tutto questo sport. Se con il galoppo siamo arrivati a 450 nati all’anno è evidente che ci sia un problema, rispetto ad altri paesi che hanno numeri 20 volte superiori, se non di più. Siamo competitivi zero e nemmeno riusciamo a rialzare la testa. Impossibile. I nati nelle isole britanniche, tra Irlanda e Inghilterra, sono circa 30.000. In Francia sono 7.000 circa. Noi 450. Come andare in guerra con le spade di legno. Come pescare a mani nude contro chi getta in acqua le bombe a mano. Eppure saremmo il bel paese “Dove ‘l sì suona”. 

Non il galoppo, ma il trotto italiano è addirittura ai vertici mondiali. In tv e sui giornali, però, paghiamo lo scotto di una immagine di brutti e cattivi, truffatori, ladri. Esiste, come in tutti gli altri sport, gente poco incline alla limpidezza. Ma in tutto questo, dell’ l’iceberg, è gestita mediaticamente solo la parte assolutamente negativa, la punta. Solo quella. A livello di professionisti e materiale genetico non siamo secondi a nessuno.  Ma per fortuna, dal punto di vista sportivo, che il trotto italiano è fortissimo nel mondo. Complice una più semplice gestione dell’investimento, la concorrenza non agguerrita (ll galoppo si corre in tutto il mondo, nel trotto in pochi paesi), la gestione dell’allevamento (i migliori stalloni al galoppo sono inaccessibili, quelli del trotto sono facilmente raggiungibili e costano anche 100 volte meno di quelli al galoppo), e tanti altri motivi. Ma non per questo dovremmo essere gelosi, anzi, orgogliosi di quanto stiano facendo i nostri connazionali all’estero, la locomotiva sportiva, ippica, del paese, è guidata dal trotto italiano. 

Ma andiamo al punto. Ippica che coinvolge mille professioni: Senza considerare quelle collaterali, abbiamo contato almeno 18 figure DIRETTE che fanno da volano per una economia vastissima, che sarebbe addirittura una miniera d’oro per lo Stato, in termini di tassazione e forza lavoro occupata da imprenditori o non imprenditori.

Cosa c’è dietro ad un cavallo da corsa? L’allevamento, e dunque tutto ciò che rappresenta l’agricoltura in termini di campagna, spazi, forza lavoro della gente che è impiegata a piene forze nel settore. Veterinari, maniscalchi, chi trasporta e consegna i foraggi, chi fa trasporto su gomma. Tasse, anche, relativamente. In allevamento lavorano groom, artieri, excercise riders senza contare le altre figure professionali coinvolte. E chissà quali altre dimentichiamo, senza aver menzionato i giornalisti e il mondo dei media.

Dopo l’allevamento si passa al proprietario che investe nell’idea dell’allevatore, se decide di non fare da se. Quindi l’olio o il carburante della macchina ippica. Dal proprietario si parte con l’investimento iniziale che ricade in mille rivoli del settore. E pensate se solo si potesse rilanciare il made in Italy come allevamento, far si che possano nascere sempre più puledri incentivando l’acquisto di fattrici e di stalloni importanti. Ne trarrebbe giovamento il mercato, alla lunga. Il valore del cavallo, la dinamicità delle vendite, l’orgoglio nazionale, il continuo acquisto, la catena che continua a girare.

E quindi, ancora direttamente, c’è chi consiglia nell’acquisto di quel cavallo o un altro, e dunque si parla della figura del Bloodstock agent. Questa figura effettua viaggi, usa i mezzi di trasporto, telefona, incoraggia acquisti ed investimenti. A sua volta il bloodstock agent ha filo diretto con allevatori e allevamenti, o acquista ad un’asta pubblica. E lo affida all’allenatore che a sua volta ha tutta la schiera di operai, artieri, work riders e consulenti che lavorano per lui.

Asta organizzata da una società ben strutturata, in grado di stipendiare gli impiegati, segretari, capi settore, etc. Senza contare l‘affitto per un immobile, le utenze di luce, gas, acqua, pulizia locali. Certo, lo fanno tutti, anche nelle attività più strane. Ma il nostro è un settore produttivo ad alto profilo, valorizzato in tutto il mondo. Il giorno delle aste? Ne vogliamo parlare? Organizzazione palco, pubblicità, volantini, altre figure annesse come la gestione dei live e della comunicazione. 

Ed ancora: Intorno al cavallo gravita il fantino, che ha una famiglia a sua volta, e dunque anche l’agente del fantino, figura senza ancora un codice dall’Agenzia delle entrate. Il fantino acquista materiale tecnico da negozi specializzati. Tessuti e non solo. Occhialini, stivali, pantaloni, frustini. Gomma, tute tecniche. Tutto indotto.

E poi tutti gli ippodromi, che hanno persone incaricate di gestire il verde, che lavorano nelle segreterie, che puliscono le aree e mantengono ordine nelle strutture. Senza dimenticare gli artieri, chi consegna il cibo per i cavalli, cereali, mangimi, carote e prodotti veterinari. Ferrature, e mascalcia, aiutanti delle suddette figure. 

Certo, tutto è migliorabile e il tema delle convenzioni statali fanno un pò storcere il naso, in molti casi. Ma nessuno ha mai messo la pistola alla tempia a chi sborsa quel denaro pubblico. Nessuno vuole la carità, perchè l’ippica è uno sport estremamente dignitoso. Risollevarlo sarebbe un trionfo delle istituzioni, e gli effetti sarebbero immediati e palesi. STRUMENTI non ELEMOSINA. Senza dimenticare il ruolo sociale. 

Pensate solo, e lo diciamo da una decina di anni, se solo esistesse una ONLUS in grado di gestire il recupero dei cavalli che escono fuori dal circuito corse, i quali tra infortuni o lentezza non possono essere sportivi al massimo livello. Recupero, educazione, reindirizzamento a tutte le molteplici attività che può fare un cavallo da corsa: Completo, salto ostacoli, dressage, ippoterapia, etc etc etc, con il relativo indotto a sua volta. Come finanziarlo? Ripristinare il pagamento delle iscrizioni (così non assisteremo più a migliaia di cavalli iscritti a vedere fino alle Listed, di qualsiasi sesso, distanza, età, categoria) e ricavarne un 2% (buttiamo li) destinata a questa pratica del recupero. Tutto trasparente, attraverso una Onlus, magari con contributo ministeriale ai fini, come detto, sociali, culturali.

Di soldi in Italia se ne buttano tantissimi, pensiamo a miliardi e miliardi spesi per il contributo al cinema gettati nella pattumiera (i fondi sprecati, si legge sui siti economici, ammontano a 423,5 milioni di euro nel 2017 a 849,9 milioni nel 2022 e a 746 milioni nel 2023), mentre per uno sport come il nostro non si riescono a ricavare due spiccioli in più?

Altro argomento spinoso: Non se ne potrebbe parlare, ma tutti lo sanno. Nel settore c’è del nero. Ed è tollerato in parte, come in altri settori. Cause varie: Ritardi dei pagamenti e pregressi ereditati che fanno dire.. ormai nessuno controlla. Non giustifichiamo, perchè il rischio è andare fuori controllo e entrare in un mondo torbido. Pensate accada solo nell’ippica? No. Anzi. La differenza è che l’ippica è demonizzata mentre il ciclismo, tanto per fare un altro esempio di mondo pluridecorato da immagine pubblica, è supportato in pieno da stampa e tv. Il ciclismo è sport nobile, ma nonostante gli stessi problemi di immagine dell’ippica, ha comunque appeal su canali nazionali e su Stampa. 

Ammettiamo pure ci sia del nero. Si potrebbe tranquillamente dire che tutti quei lavoratori in nero, anche se indirettamente, pagano tasse: mettono benzina, fanno la spesa, comprano scarpe e abbigliamento, ecc. Se non percepissero comunque un salario sarebbero comunque disoccupati a carico dello Stato. Ma questo è un discorso particolare e delicato, ma andava menzionato. A mettere benzina e spendere dei soldi per muoversi. Ma intendiamo nel lavoro.

Altra argomentazione: Recupero del territorio. Gli spazi verdi. I polmoni delle città. Le aree per i bambini, il contatto con il cavallo e cioè uno degli esseri viventi più vicini al mondo dei più piccoli.

TASSE: Il nostro potrebbe essere tranquillamente un sistema in grado di reggersi da solo. Poniamo iva forfettaria, al 10%. E attenzione: non è mai al 10%, ma ragioniamo in difetto. Solo quella manterrebbe in piedi parte del montepremi. Due miliardi di filiera? Qualche mese era stato sollevata questa ipotesi. Bene, se parliamo di quel parametro, soltanto di iva, sui 2 miliardi di cui sopra, fanno 200 milioni, cioè più del montepremi del settore messo a disposizione del Mipaaf. 

SCOMMESSE: E non abbiamo ancora trattato la materia del gaming. Lasciando stare le battaglie dei M5Stelle anni fa e del fallimento del Decreto Dignità (nonostante sia stato oscurata la pubblicità per i servizi di Betting, è aumentato il nero esponenzialmente con un giro di affari di 25 miliardi di euro l’anno, ma i dati potrebbero essere superiori), senza volersi schierarsi politicamente, è oggettivo che l’ippica non possa essere considerata alla stregua degli skill games o slot machines, ed è pacifico come il famoso Decreto Dignità sia dannoso ed inutile e, come detto, fallito. La nostra è una scommessa ragionata, con rigidi parametri mentali. 

Perdere alle corse ti fa impazzire, certo, c’è chi ci si è rovinato anche. Ma non è colpa dell’ippica, ma dei “ludopatici”, che però esistono in ogni tipo di scommesse. Pokeristi clandestini? Anche. Il poker è pubblicizzato su tutte le reti. 

L’ippica è un gioco di strategia, conoscenza fine, intuito sviluppato e utilizzo della materia grigia per arrivare al ragionamento conclusivo. Nulla a che vedere con gli altri giochi, anche se qui siamo di parte. Oggettivamente tutto è verificabile e dimostrabile. Trovate un altro sport che ha le stesse mille sfaccettature dell’ippica, e ditecelo. Eppure qualcuno preferisce e incoraggia le corse virtuali, che costano poco e rendono. Brutto esempio.

Qui passiamo quindi al settore del gaming: Andando sul semplice, per non tediare il lettore. Altro indotto: Gli assuntori di gioco, le relative figure professionali all’interno, i quotisti, gli impiegati, i consulenti, e infine si torna ancora agli uffici utilizzati e quindi a tutto ciò legato a quell’aspetto: Luce, acqua, gas, internet, rete, infrastrutture, affitto e pulizia locali, manutenzione etc. Al momento le scommesse, patrocinate dallo Stato, vale la pena ricordarlo, sono assenti in tutte le reti nazionali. Eppure vengono dalla stessa “casa madre” nazionale. Le lotterie si, le corse dei cavalli no. La questione montepremi è adesso staccato dalle scommesse. Il totalizzatore non esiste più, solo bookmakers privati. Eppure rilanciando la scommessa ippica lo stato ne trarrebbe il maggior numero di vantaggi. Eppure, al momento, è tutto in alto mare.

Questo è tutto quello che muove l’ippica.

La domanda conclusiva è: Come è possibile restare invisibili?