I principi dimenticati

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C’è la profonda sensazione di essere alla deriva, senza una rotta da seguire, senza un punto di riferimento su cui basarsi. In una confusione quasi totale le priorità, gli obiettivi, hanno lasciato il posto a rivendicazioni autoreferenziali, a diritti che si considerano acquisiti e di conseguenza intoccabili. Anche se questi sono in conflitto totale con la possibilità di garantirsi un futuro.

Basta leggere l’Amarcord all’interno di questo giornale per comprendere come 50 anni fa gli obiettivi e i parametri fossero chiari. L’ippica italiana veniva da un momento difficile, aveva subito dalla politica il Decretone, poi cancellato grazie all’intervento di Giulio Andreotti, aveva la necessità di un rilancio e la stagione che si stava per concludere dimostrava che la rotta era giusta.

Il Consiglio dell’Unire, in base agli ottimi risultati dell’afflusso di pubblico, soprattutto giovane, negli ippodromi e ai dati sulla raccolta delle scommesse, deliberata un inconsistente aumento dei premi per l’anno successivo per alimentare lo sviluppo del settore. Per il pubblico c’è un inciso determinante nel Comunicato ufficiale che recita almeno in quelli che hanno saputo adeguarsi ai tempi.

Insomma si parla di ippodromi che hanno investito in strutture, tecnologia, accoglienza e promozione e non a caso durante tutto l’anno abbiamo proposto le pagine di allora in cui si annunciavano le riaperture stagionali accompagnate da una serie di novità che sarebbero state di stimolo per il pubblico, per lo spettacolo e per le scommesse.

Così, esattamente 50 anni fa, possiamo dire che iniziava la crescita dell’ippica italiana, quella che l’avrebbe poi caratterizzata (con qualche alto a basso), sino alla fine degli anni í 90, ovvero quando sono stati stravolti i principi.