Contratto sfida ideologica

Binocolo puntato
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Mercoledì a San Siro non si è corso a causa dello sciopero dichiarato dopo le 14, quindi a un paio d’ore dall’inizio del convegno, da parte dei dipendenti della società di corse. Una decisione che ha scatenato le giuste proteste di proprietari, allenatori e fantini, che si sono trovati di fronte all’impossibilità di disputare le corse e che in parecchi casi avevano affrontato una trasferta per arrivare a San Siro. Così è stato anche per il pubblico, che magari non sarà stato tanto, ma che comunque è stato preso alla sprovvista. Una situazione che evidentemente ha provocato una reazione, non tanto sull’oggetto del contendere, ovvero il confronto/scontro sul contratto di lavoro, ma per le modalità con le quali è stata messa in atto la protesta, che hanno causato danni economici e non solo agli addetti ai lavori più che alla controparte, ovvero alla società di corse. Sono mesi che la vicenda si trascina in maniera più o meno sotterranea e probabilmente è giunto il momento di un chiarimento definitivo.

Gli ippodromi hanno ufficialmente affermato che dal 1° luglio applicheranno per i dipendenti il contratto del commercio facendo salve le posizioni già in essere, quindi senza alcun effetto sugli attuali assunti, che ammonterebbero a circa 200 unità, per la maggior parte dislocati a Milano, Roma, Napoli, Bologna, Pisa e Torino visto che vi sono impianti che hanno un numero di dipendenti quasi azzerato.

Un piccolo nucleo di sopravvissuti che, in parecchi casi (Milano ne è un esempio), probabilmente nel giro di due o tre anni è destinato a dimezzarsi visto che il contratto attualmente in uso, quello dello spettacolo porta i lavoratori fra quelli che svolgono mansioni usuranti e quindi con la possibilità di accedere alla pensione in anticipo. E visto che l’età media non è certo bassa… Si tratta quindi sostanzialmente di uno scontro più ideologico che economico, che però rischia di provocare danni collaterali ingenti a tutto il settore e si pensi per esempio all’impatto anche a livello internazionale di una protesta decisa in extremis in una giornata come quella delle Oaks. E il Ministero? Per ora non è intervenuto. E se è vero che si tratta di una vicenda provata, è altrettanto vero che chi pagato tutto è il Mipaaf.