Antonio Viani sull’intervista a Remo Chiodi

Credit foto Dena
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Cari amici, sull’edizione di sabato di Trotto&Turf del 9 marzo è stata pubblicata un’intervista a Remo Chiodi, il nuovo Direttore Generale dell’Ippica. Non mi soffermerei troppo sulla parte legata alla questione pagamenti, non perché non sia centrale, ma perché ne abbiamo parlato diffusamente in passato e sappiamo bene, ce lo conferma lo stesso intervistato, che questa è materia non risolvibile nel breve tempo e soprattutto con il sistema di pagamento oggi in vigore. Possiamo e dobbiamo lottare per una riduzione delle tempistiche, ma per un definitivo superamento della questione serve un processo completo di reingegnerizzazione.

Certamente condivisibile anche il passaggio sulla necessità di una profonda rivisitazione delle scommesse ippiche perché possano nel tempo tornare a finanziare in toto il settore. Leggere parole come semplificazione, competitività nei payout, tassazione corretta e incremento di quella sulle scommesse virtuali, sono musica per le nostre orecchie. Tutti argomenti basilari che vanno però concretizzati. Sappiamo che non sarà un percorso semplice, ma iniziamolo quanto prima per analizzare i primi effetti.

Passando all’accenno sulla questione IVA, ritengo che non sia, come invece mi pare sostenga il Direttore, una questione legata all’essere o meno il cavallo un bene di prima necessità, ovviamente non lo è, come moltissimi altri che però sfruttano un’aliquota agevolata. Ma il tema è piuttosto se vogliamo o meno rilanciare il settore seguendo quella che è una precisa direttiva europea. La filiera ippica rappresenta una filiera agricola e quindi come tale deve poter avere diritto a un’aliquota IVA che funga da volano per il rilancio del settore e che in aggiunta porti all’erario un maggiore gettito. Della serie: permettete all’ippica di contribuire maggiormente al benessere dello Stato.

Vorrei anche soffermarmi sulla visione del Direttore del futuro della programmazione ippica. Dalle sue parole ne esce un avvenire dove pochi ippodromi Nazionale sosterranno la grande maggioranza dei convegni e dove i piccoli invece funzioneranno da supporto e promozione con poche giornate in programma. Premesso che non mi spiace l’impostazione di questo teorico futuro, devo però evidenziare alcune difficoltà di realizzazione. E questo non perché la Francia non sia un paragone virtuoso, ma perché a oggi ci sono aspetti oggettivi che ci differenziano in maniera netta dai cugini. Oltralpe ci sono, se non andiamo errati, circa 240 ippodromi in attività contro i poco più di 30 italiani (tra trotto e galoppo ovviamente).

In Francia è giocoforza operare con un sistema come quello accennato sopra, in Italia questa pratica non è oggi attuabile. Certamente si può pensare di operare degli aggiustamenti, ma non è pensabile una inversione netta. Esempio semplice e forse emblematico, al nord Italia esistono solo Milano e Varese (Merano e pure Treviso hanno una dislocazione e una vocazione tecnica che non consente di posizionarli nello stesso insieme dei primi due) e diventa quasi obbligatorio che entrambi lavorino tanto. Prima avevamo Torino assieme a Monza e in aggiunta Novi Ligure e se volete pure Albenga, seppur parzialmente.

Se fossero ancora in attività questi ippodromi si potrebbe attuare una proposta di questo genere, con alcuni ippodromi prettamente stagionali e di promozione che ruotano attorno al fulcro rappresentato da San Siro. Ma oggi non è possibile, anzi siamo costretti a sovra utilizzare Milano e Varese per avere la possibilità di creare un calendario non perfetto, ma almeno senza troppi buchi. Questo tipo di attività ci espone anche a una maggiore usura delle piste, con tutta una serie di ricadute negative per i nostri amati cavalli. E questo problema lo si può ritrovare in tante altre zone d’Italia, forse solo la Toscana potrebbe dirsene esente.

Quindi a mio modo di vedere e prima ancora di pensare di concentrare l’attività, servirebbe trovare risorse aggiuntive (private e pubbliche) per creare e sostenere nuovi poli di attività che possano funzionare in determinati periodi dell’anno e assolvere la funzione di collettori della passione. La mancanza, per capirci, nel nord ovest di un Ippodromo come il Tesio di Torino è un difetto grave. Questo anche perché sappiamo bene come l’ippodromo sia il principale veicolo attorno al quale si crea quella comunità ippica che non solo fa da volano per le scommesse, ma permette di rinsanguare tutte le categorie, dagli operatori fino ai Proprietari. In definitiva se vogliamo procedere verso una scelta che riteniamo virtuosa, serve trovare o riattivare ulteriori ippodromi.

 Altro aspetto da segnalare è la risposta del Direttore sul tema Comitato Pattern. Come abbiamo spesso sottolineato e come riporta molto precisamente l’Ingegner Chiodi, il vero problema italiano del recente passato è stata la mancanza di interlocutori spendibili presenti alle riunioni. Il Direttore ha evidenziato che tale carenza pluridecennale veniva vissuta negativamente dai responsabili delle varie Nazioni europee e dallo stesso Chairman Morris. La presenza di alti dirigenti del Ministero ha aiutato nell’ultima riunione ma, ne siamo certi, aiuterà ancora in maniera maggiore nel prossimo futuro. Perché la verità è che, l’EPC ha bisogno di avere contatti con persone che possano prendere impegni precisi e concreti per conto della nostra ippica.

La scelta di organizzare una riunione del Comitato in Italia è un’altra felice intuizione, sarà certamente d’aiuto e per questo consigliamo di non farne un evento carbonaro, ma piuttosto di organizzare a latere della riunione vera e propria uno o più incontri allargati che permettano ai rappresentanti esteri di venire a contatto con gli addetti ai lavori italiani. Siamo certi che mostrare anche all’estero una forte unità d’intenti di tutti gli attori del comparto sia un fattore vincente.