Impatto sociale

Binocolo puntato
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Il ruolo di un ippodromo non è solo quello di far correre i cavalli o di far scommettere la gente. C’è qualcosa di più profondo. Perché c’è un legame di cuore fra gli uomini e il loro ippodromo, che non è solo il luogo dove si va per guardare le corse, da proprietari o da appassionati, ma si trasforma quasi in una seconda casa, dove si ci si ritrova con gli amici e ci si sfida attraverso i cavalli o le giocate. Dove si socializza condividendo una passione. Dove si discute e ci si confronta attraverso un linguaggio tecnico. Dove si vive di ricordi, di sfide e di emozioni. Merano è ancora un luogo nel quale il cuore ippico batte forte. Non è un semplice stadio o ancora peggio uno scommettificio dove si arriva cinque minuti prima delle corse e si va via appena conclusa l’ultima del programma. È una sorta di club che ha un forte impatto sociale, che racchiude in sé una parte della vita di tutti quelli che lo frequentano o l’hanno frequentato in passato.

L’immagine di cos’è Maia per la gente non è solo quella delle corse nel giorno del Gran Premio. Perché l’ippodromo è rimasto vivo ancora a lungo. Conclusa la giornata molti si sono trasferiti ai tavolini del bar/ristorante del tondino per concludere il pomeriggio davanti a un radler, alcuni si sono fermati alla champagneria, altri si sono diretti verso i party in tribuna. Sì, perché al terzo piano c’era quello organizzato da Sepp Aichner per festeggiare la vittoria di L’Estran, stappando qualsiasi bottiglia fosse disponibile. E al secondo c’era quello organizzato da Raf Romano a ritmo di musica da discoteca.

Abbracci, congratulazioni, chiacchiere che sono andate avanti a lungo, illuminate dalle luci della tribuna prontamente accese per consentire agli eroi di Merano di condividere con gli amici, i rivali o i semplici appassionati un momento di gioia immensa. Questa è l’anima delle corse, quella che a Merano si ritrova ancora quasi intatta. Quella che è sparita purtroppo da altri ippodromi, trasformati in luoghi freddi, asettici, dove è impossibile sentirsi a casa. Luoghi che sembra ti accolgano quasi con fastidio. Che chiudono le aree ai proprietari in occasione di cene aziendali o nei quali vieni accompagnato alla porta più o meno gentilmente da uno stuolo di bodyguard una manciata di minuti dopo l’ultima corsa. Luoghi nei quali non respiri più l’aria della passione, quel profumo che per una vita ha portato la gente all’ippodromo. Quello che Maia continua ad avere e che in parecchi casi è stato cancellato in nome di scelte aziendali. D’altronde è difficile che chi non prova nessun amore per l’ippica possa comprendere queste dinamiche.

Gli ippodromi hanno bisogno di strutture migliori, d’accordo, ma prima di tutto devono cercare di recuperare la loro anima. Quella funzione di aggregazione sociale, ognuno nel suo ambito, che è sempre stata uno dei pilastri portanti dell’ippica. Quella che ti portava ad andare alle corse non solo per lo spettacolo, ma anche perché passavi una giornata con le persone che condividevano con te qualcosa di meraviglioso, come la passione per le corse. Quell’anima che oggi è difficile ritrovare, che prima è stata dimezzata dalla trasformazione che ha portato i cavalli fuori dagli ippodromi e che in altri luoghi è stata semplicemente cancellata senza pensarci neppure un istante. Merano, insieme a pochi altri ippodromi, riesce ancora a farti vivere una giornata ippica emozionante e rilassata. Ti fa sentire a casa, anche se sei lontano qualche centinaio di chilometri dal luogo in cui abiti. Ti fa venire voglia di tornare, di essere parte di un evento nel quale ti ritrovi insieme ad altre persone che con te condividono lo spirito della giornata e ti porta soddisfatto alla fine del weekend. Non ci sono segreti, come in altre situazioni è solo questione di passione per quello che si fa. E la differenza fra chi ce l’ha davvero e chi millanta di averla si capisce subito. Basta capire se l’ippodromo ha un’anima.