Un tragico esempio

Binocolo puntato
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Mercoledì 8 dicembre Agnano manderà in scena una giornata super di trotto e la prossima settimana proporrà belle corse anche al galoppo. Quello di Napoli è un ippodromo vivo, una delle locomotive dell’intero settore per quanto riguarda il trotto. Nelle scuderie ci sono 700 cavalli, ci sono i proprietari, intorno ad Agnano gira un’economia intera e quindi l’ippodromo genera ricchezza e lavoro, compreso quello dei 77 dipendenti di Ippodromi Partenopei per i quali è stata avviata la procedura di mobilità, in quanto la società che fa capo ai tre fratelli D’Angelo potrebbe cessare l’attività con la fine di quest’anno. Quello della messa in mobilità è evidentemente un atto dovuto a seguito della possibile reale rinuncia ad andare avanti in un quadro che è pieno di nebbia e di problemi un po’  per tutti gli ippodromi italiani, ma che per Agnano è reso quasi impossibile da sostenere da un rapporto con il Comune di riferimento che appare quantomeno paradossale. E questo potrebbe davvero portare i D’Angelo a dire basta, con tante, tantissime giustificazioni per una decisione che sarebbe dolorosa e drammatica non solo per Napoli, ma per l’intero trotto italiano.

Basta perché tirare la cinghia non basta più. Basta perché il Comune sembra più interessato a mantenere equilibri di bilancio che fanno sorridere che a sposare un piano di sviluppo che tuteli un bene pubblico come l’ippodromo, oltre al lavoro e la vita di tutta la gente che vi lavora, direttamente o indirettamente. Ippodromi Partenopei non solo voleva andare avanti, ma avrebbe rilanciato attraverso un piano ambizioso, che avrebbe potuto collegare in un progetto di rinascita l’ippodromo e le adiacenti Terme, riqualificando una zona bellissima ma decisamente trascurata e per molti aspetti addirittura abbandonata.

Un progetto che avrebbe portato al recupero di un comprensorio importante, riuscendo a sfruttare probabilmente i Fondi del Pnrr e quelli Europei, dando nuova vita ad Agnano e alle Terme, che avrebbero potuto diventare un gioiello. Certo, per farlo, per partecipare con capitali e impegno, gli imprenditori avrebbero avuto la necessità di una concessione pluridecennale, di un orizzonte che permettesse di rientrare di un investimento multimilionario, ma al contrario oggi sul tavolo c’è una semplice proroga di una concessione a breve e con un canone d’affitto spropositato rispetto al momento storico. Purtroppo Napoli è un esempio di miopia delle amministrazioni locali, che raramente considerano l’ippodromo per quello che è, un bene collettivo, e preferiscono fare cassa o operazioni di bilancio che nulla hanno a che vedere con le vere necessità della collettività- E non solo quella ippica.